Sabato 29 aprile 2000, Civitas
(Padova)
Sradicare la povertà. È la provocazione, anzi un imperativo d'inizio millennio. Cancellare il debito internazionale dei paesi poveri è un dovere per ridare speranza all'umanità sofferente. Questo avviene a cinque anni dal Vertice sullo Sviluppo Sociale, promosso dalle Nazioni Unite che ha rappresentato un'occasione storica per affrontare i problemi più urgenti della società mondiale (povertà, disoccupazione, esclusione sociale) ove le ONG hanno rilanciato la tassa di Robin Hood. La Tobin Tax che preleva ai ricchi per dare ai poveri.
Sono qui per testimoniare l'impegno della musica. Dedicherò una mia
canzone a queste problematiche. Chi fa parte dell'universo ricco è quasi
sotto accusa. E' giusto lottare per difendere i più deboli, che non ce
la fanno. Deboli per una questione latitudinale.
"Roma" è la mia canzone che rappresenta lo squilibrio in questo
aspetto latitudinale. Roma è ricettacolo di malaffare, ma anche luogo
di slanci e passioni.
A Roma è stato lanciato il World Social Forum con Antonello Venditti testimonial. A Padova rilanciano questo messaggio Bunna di Africa Unite ed Edoardo Bennato.
Da ospite dovrei essere qui neutrale. Non sarà così. Mi sentirete parlare con veemenza. Questo dibattito dice come vanno affrontare le cose internazionali: bisogna conoscere e divulgare l'ingiustizia. Mi è capitato di seguire per ragioni professionali gli accordi di Lomè. Mi sono accorto che certi accordi che vorrebbero tutelare e sviluppare i PVS, non sono altro che protezionismo del settore primario. Questo non è mai stato detto. Rispetto a questi accordi c'è spesso un approccio superficiale, mai un'analisi profonda. Invece occorre analizzare le cose con competenza. Noi Europei viviamo in uno stato che pratica costantemente il dumping nel settore primario, stabiliamo accordi per cui devono essere fissi i prezzi delle materie prime, consentiamo all'Etiopia di esportare computer ma non quello che veramente producono.
Non me la sento di condurre questo dibattito. Troppo spesso noi giornalisti
parliamo di cose che non conosciamo. Vedo in giro molti colleghi omologhi al
potere. Già il titolo di questa conferenza metterebbe in sospetto chi
fa tv in Italia. Come diceva don Helder Camara, "se ti occupi dei poveri
sei un buon cristiano. Ma se ti occupi delle cause della povertà significa
che sei comunista". Mi stupisco che in campagna elettorale alle accuse
di "comunista" date da Berlusconi non si è obiettato che il
capitalismo crea milioni di esclusi.
L'informazione è in mano alla grande economia e spesso elude le cause.
Non spiega perché c'è una guerra in corso. O perché l'80%
della popolazione lotta per sopravvivere. Edoardo Bennato accennava al fatto
che qualcuno comincia a sentirsi responsabile nel nord del mondo. Se ci fosse
un'informazione onesta e seria tutti noi nel nord dovremmo sentire la responsabilità
di quanto è stato fatto. Come facciamo a scocciarci per l'arrivo del
sud del mondo da noi, quando abbiamo depredato quei paesi? Nessuno, quando parla
di liberismo, radicali compresi, ricorda che la ricchezza nostra è frutto
di ruberie. Parlare così significa mettersi in gioco e forse fuori gioco.
Facevo una trasmissione in tv, a mezzanotte e mezza, che ospitava quel mondo
e un giorno mi sono occupato del caso Alpi, l'esecuzione della giornalista Rai
e del suo operatore. È una delle storie più vergognose che non
si vuole approfondire. Riguarda la nostra cooperazione e le attività
di chi dice di voler portare la pace e con triangolazioni porta invece morte.
Alpi scoprì che le navi date dalla cooperazione per la pesca erano usate
per altre attività. Si fermavano nei porti dove arrivavano le armi. In
Somalia c'erano i nostri servizi. Una delle navi fu rubata da una delle fazioni
in lotta. Fu dato ordine al nostro corpo di spedizione di recuperare la nave.
Ma perché?
Legata al traffico d'armi c'è la vicenda di Olof Palme. Facemmo la trasmissione
sul caso Alpi. Resta poco chiaro chi aprì le valigie di Ilaria Alpi,
durante il viaggio dell'aereo. Ci è stato detto che Hrovatin aveva con
sé 6-7 cassette. È impossibile. Perché 4 governi italiani
non hanno voluto scoprire la verità sul caso?
In questi seminari bisogna affrontare di petto la credibilità dei governi
che dicono di voler cambiare il corso dell'economia mondiale. Le organizzazioni
monetarie internazionali, concordo con Frei Betto, sono organizzazioni criminali,
che assegnano ricette impossibili ai paesi poveri.
La stampa e la tv sono diventate un mercato. Ho sperato che le nuove tecnologie
servissero a rendere più democratica l'informazione. Ho il dubbio che
non sia così. Chi mette la massa di notizie che c'è in Internet
e con quali scopi? Ci sono agenzie, miliardi di budget, che devono fare informazione
pilotata per screditare chi non è gradito. Ed esaltare per converso chi
è gradito.
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Visto che Internet è stata chiamata in causa, la parola a Anuradha Vittachi, che l'anno scorso lanciò da questa sala la campagna sul debito.
Grazie a Unimondo che mi dà l'opportunità di parlare nuovamente
di questo argomento del debito.
In questi giorni molti relatori internazionali ci hanno aiutato a comprendere
meglio la situazione internazionale. Vorrei sottolineare il potere sempre maggiore
delle reti, di cui mi interesso e come questo aiuti i contatti e le informazioni.
Due settimane fa ero a Washington nei momenti delle manifestazioni. Il mio ufficio era sulla strada dove queste manifestazioni si verificavano. Ogni volta che cercavo di uscire mi bloccavano i manifestanti o la polizia. Ho visto quante persone normali erano coinvolte nella lotta per il cambiamento. A Washington ero per una conferenza per certi versi simile a questo World Social Forum. La società civile è come Davide che lotta contro Golia. Per la prima volta, anche a Davos, che è la fortezza della società delle imprese, è successo qualcosa che ha dato voce ai piccoli Davide.
Oggi cominciamo a organizzarci come società civile. L'anno scorso un rapporto militare degli USA diceva che la crescita del settore delle Ong e delle reti sociali è superiore alla capacità dei governi e degli stati di controllarle. Questo nuovo ambiente riflette il lavoro che noi stiamo facendo. Concentriamoci sui nostri successi: abbiamo fatto la differenza sulla questione del debito, che finalmente è percepito a livello politico.
Ci sono impegni per la lotta al debito, ma non tutto è positivo. Il debito verrà cancellato per una questione di carità, più che di giustizia. Mi sono sentita offesa a Davos quando Clinton ha parlato della cancellazione del debito come un atto di favore delle banche. Ma Clinton non ha detto che le banche hanno operato cambiando le regole del gioco.
Cosa potremmo fare per affrontare questa ipocrisia? Dobbiamo riuscire a cancellare
il debito. Un nuovo strumento che stiamo cercando di sviluppare a OneWorld si
chiama OneWorld Debt Channel. OneWorld è un posto su Internet dove si
incontra la società civile per dare voce ai poveri, difendendo lo sviluppo
sostenibile e i diritti umani. È vero, è difficile separare l'informazione
vera da quella falsa. Con il vostro aiuto, possiamo creare dei "sottoportali"
sostenuti dai partner.Un canale già avviato è MediaChannel, che
indaga su come i media trattano o non trattano questi temi. Il nuovo canale
sul debito sarà prodotto direttamente dal Sud, forse dallo Zambia. Un
nuovo canale sulla povertà sarà coordinato da OneWorld India.
Vi invito a contribuire a riempire di contenuti questi canali, così da
continuare questo primo World Social Forum on line. Ci saranno dati sulle campagne,
condotte nel mondo, informazioni su chi soffre perché non ha ciò
di cui necessita. L'informazione non consisterà solo di testi scritti.
Ci saranno programmi radio, diffusi via Internet e ritrasmessi dalle radio comunitarie
nel mondo.
Il canale è in fase di preparazione. Sarà pronto a settembre.
Potrete contribuire attraverso Unimondo a questo canale.
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Una delle persone più straordinarie del nostro giubileo: Ann Pettifor.
È un grande onore. Grazie a Olivi per le sue parole. Ci fossero più
dirigenti di Fiere come lui. Mi scuso, sono tornata da Washington e non ho più
voce.
I media non hanno detto la verità su Seattle e Washington. Non c'era
violenza. C'erano tanti giovani americani che iniziano a capire come funziona
l'economia mondiale e il ruolo del loro Paese.
Voglio tornare agli elementi fondamentali del debito. Perché c'è una campagna globale per la sua cancellazione? Il debito è il meccanismo che permette ai paesi ricchi di controllare e sottomettere i Paesi poveri. Il debito è segno del potere crescente del denaro. In tutta la storia europea ci sono state leggi che regolavano l'usura. La Chiesa cattolica scomunicava per il peccato di usura. Adesso viviamo in un mondo in cui il denaro ha più valore dell'uomo. L'usura è il simbolo più potente del modo in cui il denaro è potere. Gli individui si stanno indebitando sempre di più. Ogni settimana i miei figli poco più che maggiorenni ricevono inviti a sottoscrivere carte di credito. Gli americani vivono sui soldi presi in prestito e anche sul tempo preso in prestito. Giocano d'azzardo, in borsa, speculano. Quando la borsa crollerà e le persone perderanno i soldi e dovranno restituire i soldi, troveranno che i beni dati in garanzia varranno meno. Ci sarà un'enorme crisi finanziaria. La gente è incoraggiata a prendere soldi in prestito per consumare.
Nella nostra economia abbiamo una certa protezione contro l'usura. C'è una legislazione che tutela dai fallimenti, a tutela dei produttori. Oggi le aziende delle carte di credito vogliono smerciare i prestiti come gli spacciatori smerciano le droghe limitando, soprattutto negli stati uniti, la tutela nei fallimenti. È pericoloso. Viviamo un periodo di deflazione. L'inflazione è morta. I nostri beni perderanno valore.
A livello internazionale non c'è controllo. Non c'è legge per i fallimenti. Se il Mozambico viene inondato ed è in crisi, non può rivolgersi a un istituto legale e cercare protezione dai creditori. I vostri governi sono le persone che se volessero potrebbero scrivere la sentenza di morte del Mozambico. Questi paesi non sono protetti neppure dalla forze del mercato. Basta vedere cosa è successo con la crisi nel Sud Est Asiatico. Vi ricordo che i prestiti possono essere restituiti in dollari americani, yen o sterline. In Tailandia sono stati incoraggiati a avere prestiti, quando la moneta locale si è svalutata hanno dovuto pagare in dollari. Il FMI ha concesso prestiti in dollari, a condizione di nazionalizzare il debito. 13 miliardi di dollari è quanto paga la Tailandia alle banche di Zurigo, Londra....
Le banche private operano in una sorta di Far West legalizzato. Quando le banche prestano denaro, non perdono mai i propri soldi: i popoli, i poveri ripagheranno questo debito. I creditori internazionali sono protetti da questo sistema.
Noi vogliamo un nuovo rapporto internazionale, chiediamo l'istituzione di un arbitrato indipendente.
Il governo italiano che ha prestato denaro deve decidere se cancellare o meno il debito. Jubilee 2000 ha avuto un enorme successo, milioni di persone e nulla è cambiato. Dopo Colonia, hanno cancellato forse 300 milioni di dollari. Il processo è bloccato. Per questo siamo qui in Italia. Bisogna fare qualcosa subito in Italia.
Martedì il nuovo primo ministro giapponese, Mori, presidente del G7,
sarà a Roma a incontrare Amato. Dovete dire loro che siete colpiti che
dopo un anno non hanno fatto niente. Noi faremo una mobilitazione a Londra mercoledì.
Il FMI ha la chiave del debito del Mozambico, ma la sentenza la danno i ministri
delle finanze, anche quello italiano.
Per maggiori informazioni accedete al nostro sito attraverso Unimondo.
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Chi organizzerà la manifestazione a Roma è con noi, Luca De Fraia.
Voglio partire proprio da Sanremo, per ricordare come sia difficile fare politica cercando di imporre la questione della cancellazione del debito ai politici italiani. La campagna sul debito nasce nel 1997 con il contributo della rivista "Nigrizia" e quasi silenziosamente va avanti fino al febbraio di quest'anno. Grazie a Sanremo abbiamo rotto un muro di omertà che copre questo tipo di problemi. Mi chiedo spesso: era necessario arrivare a quel punto, cioè combinare un tema così forte con una trasmissione così leggera? Dico di sì.
Uno dei risultati fondamentali è stato raggiunto. "Cancella il debito" è lo slogan compreso da milioni di persone. In quei giorni ci sono stati importanti reazioni, ad esempio dei gruppi parlamentari, dove la decisione dovrà passare.
Facciamo un passo indietro. Perché l'Italia deve occuparsi di questo problema? Il nostro Paese è considerato fra quelli che contano, siede nel circolo ristretto del G7. Basta questo per spingerci a considerare l'urgenza che il nostro paese si occupi di questi problemi.
Cosa ha fatto l'Italia? Ha cancellato alcuni debiti, in modo parziale. Ha deciso però, con la legge attualmente in discussione, di cancellare solo i debiti non recuperabili. Con questo dobbiamo fare i conti.
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Lo scopo della Campagna ecclesiale è educativo, informativo, responsabilizzante.
La campagna invita anche a partecipare all'acquisto di una parte del debito. Sappiamo che non risolviamo la situazione, ma così le persone sono toccate individualmente.
L'ambito educativo: accanto a una presa di coscienza e a una veritiera informazione, cerchiamo di indurre le persone a cambiare gli stili di vita. È uno degli aspetti più difficili da raggiungere. L'assunzione di responsabilità comporta un diverso modo di vivere.
Faccio alcuni esempi. La Campagna fa conoscere il commercio equo e solidale, iniziative come la Banca Etica e i bilanci di giustizia. Fa sentire che non è più proponibile questo stile di vita consumistico. Quest'anno giubilare saranno raccolti soldi. Ci siamo chiesti come continuare la formazione su questo tema. La risposta è continuare nell'educare alla giustizia, alla solidarietà, all'interdipendenza, al riconoscimento di errori che fanno parte della nostra storia.
Ragionare sul debito e sulla sua cancellazione dà l'occasione di pensare a nuovi modelli di sviluppo. Nei paesi obiettivo della campagna ecclesiale - Guinea Conakry e Zambia - stiamo tentando di avviare una collaborazione con le popolazioni locali, le organizzazioni non governative, i missionari, per non lasciare ai governi la responsabilità delle azioni di compiere. Ciò che viene fatto a livello di sviluppo dovrà essere avvertito come utile a livello di base.
La campagna comprende al suo interno una rilettura del rapporto etica-economia, una revisione della cooperazione internazionale, un nuovo modo di intendere lo sviluppo.
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Il mio compito è entrare nell'ambito del titolo di questo appuntamento: "World Social Forum".
L'economia mondiale non è mai stata così dinamica come in questi tempi. La ricchezza globale è raddoppiata in questi ultimi vent'anni. Non è solo l'economia che va forte. È più facile comunicare, viaggiare, scambiare informazioni. Si sono ampliati gli spazi democratici, ovunque nel mondo. Ma paradossalmente tutti questi successi non arrivano alla maggior parte dei popoli della terra.
Le cause sono diverse. È vero, come diceva il direttore di PadovaFiere, che dovremmo studiare meglio il commercio mondiale. Ci sono responsabilità dell'informazione. Responsabilità individuali. È un mondo che non funziona. I progressi in campo scientifico servono a soddisfare i capricci di un pugno di consumatori. Si spendono più soldi per la ricerca nei cosmetici che per trovare un vaccino contro la malaria.
Proprio per la liberalizzazione imposta dalla globalizzazione, si investe sempre meno in capitale umano. Si sottraggono risorse dalla sanità, dall'istruzione. Perfino le istituzioni finanziarie internazionali lo dicono: cresce il numero degli esclusi. Lo dice il Fondo Monetario Internazionale: "Un numero crescente di Paesi registra una diminuzione del reddito pro capite". Nel 1995 a Copenaghen i capi di stato hanno firmato un impegno a sradicare la povertà. Primo obiettivo: entro il 2015 dimezzare il numero dei poveri. In realtà, i poveri sono in aumento.
Con quali strumenti lavorare? Ce l'hanno detto a Copenaghen: servono politiche pubbliche che completino i meccanismi delle economie di mercato. I responsabili politici del mondo si sono impegnati a investire nell'istruzione, nella salute, ma anche a occuparsi di economia, governandola. Si sono impegnati a investire in cooperazione (lo 0,7% del Pil). Oggi però la cooperazione è ai minimi storici. L'aiuto allo sviluppo è allo 0,22 (come media di tutti i paesi donatori). Si sta avverando una previsione di Francois Mitterand: "Permetteremo che il mondo diventi un unico mercato senz'altra regola che quella della giungla, con obiettivo il massimo profitto?". Dobbiamo arrenderci? No.
È possibile costruire un mondo migliore. Uno strumento messo a punto
da 200 Ong, reti, movimenti è il Social Watch, osservatorio sociale che
misura l'operato dei governi. Stabilisce quali governi rispettano gli impegni
di Copenaghen.
Nel rapporto entrano anche gli impegni nazionali. È un esempio di come
le organizzazioni della società civile sono diventate interlocutori dei
governi. La rete del Social Watch si affida ad altre campagne, come il movimento
Attac per una tassa giusta sulle speculazioni finanziarie, come Jubilee 2000.
È l'espressione di una globalizzazione della solidarietà.
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Vorrei fare un bilancio di queste giornate. In questi giorni a Padova abbiamo sentito parlare di molti dei più gravi problemi: debito, sfruttamento del lavoro infantile, povertà, esclusione sociale, disoccupazione, distruzione dell'ambiente, violazioni dei diritti umani. A questa lista, che non è esaustiva, aggiungiamo una nuova categoria di disastro naturale: le crisi finanziarie internazionali.
La crescita dell'economia finanziaria negli ultimi 30 anni è incredibile.
Ogni giorno sul mercato delle valute sono scambiati 1.800 miliardi di dollari.
Sono dollari che diventano euro, che poi si trasformano in franchi svizzeri,
e che, pochi minuti dopo, sono già yen giapponesi.
Per comprendere l'entità di questa cifra, basti dire che il commercio
globale mondiale (la totalità di tutti gli scambi di beni e servizi),
in un anno è un totale di 4,3 trilioni di dollari: è quanto si
scambia nel mercato dei cambi in tre giorni e mezzo. Il dato più sconcertante
è che il 95% di queste transazioni sono di natura speculativa: non compro
dollari perché devo acquistare merci negli Stati Uniti, ma perché
penso o credo o meglio scommetto che il valore del dollaro aumenti. Così
posso perdere o guadagnare basandomi su semplici aspettative di svalutazioni
di alcune valute e di apprezzamenti di altre.
Nei mercati finanziari inoltre si possono ottenere i più alti rendimenti
monetari e questo porta a un'altra perversa situazione, quella per cui sempre
più capitali sono sottratti a investimenti nell'economia reale, cioè
nell'economia produttiva, per essere investiti in quella finanziaria.
In poche settimane posso ottenere sui mercati finanziari un rendimento del capitale
investito del 30% o addirittura del 50%. Mentre i tempi nell'economia reale
sono lunghi e i rendimenti bassi.
Una delle conseguenze più devastanti della nuova economia è l'opportunità
per i capitali di fuggire in maniera rapida e incontrollata da un Paese, provocando
in maniera quasi istantanea crisi molto profonde.
Pensiamo alla crisi del sud est asiatico, la più drammatica degli ultimi
10 anni. Nel 1997 le borse di quei paesi sono scese del 20 per cento, le loro
valute sono scese del 30-50% del loro valore. Negli ultimi anni c'è stato
un deficit di sviluppo, che oscilla dall'8% al 41%.
La recessione porta al conflitto sociale, e alla rivolta politica. Il crescere
dei conflitti etnici lo testimonia. I due fattori di instabilità sociale
e politica rafforzano il panico sugli investitori, così il ciclo ricomincia.
La crescita del Pil mondiale è scesa dal 4% previsto al 2%. Sono in
recessione l'Asia orientale, il Giappone, la Russia.
Molte delle crisi attuali sono accentuate se non provocate da fattori psicologici:
dall'alternarsi dell'euforia e del panico. Molte crisi sono scatenate da shock.
L'euforia si trasforma in panico. C'è urgente necessità che i
Paesi intervengano per prevenire le crisi. Una prima proposta è la Tobin
Tax: un'imposta bassa sulle transazioni valutarie (0,01%). Quali sono le implicazioni
di quella che noi chiamiamo "una tassa giusta"?
C'è una valenza simbolica: il segno dell'intervento dei governi nell'economia di carta. Secondo: frenerebbe le speculazioni. Terzo: per creare questo accordo internazionale sulla tassa serve il monitoraggio di tutti i passaggi dei capitali. È semplice ripulire oggi il denaro sporco nei mercati finanziari. Quarto: senza pesare sul lavoro, sui cittadini, permetterebbe di reperire nuove risorse utilizzabili per finanziare la cooperazione allo sviluppo e la lotta alla povertà.
Chiudo citando Alex Michalos, che ha pubblicato un libro sulla Tobin Tax: "Già da qualche anno c'è qualcuno che ogni giorno ci ricorda che siamo entrati nell'era della globalizzazione. Sebbene ancora non sia chiaro cosa ciò significhi, nessuno dubita che nel XXI secolo le popolazioni che vivono nelle diverse parti del mondo saranno più interdipendenti di quanto non lo fossero mai state nei secoli precedenti. Prima o poi gli uomini capiranno che, alla fine, la bruta competizione darwinista dovrà cedere il passo a una cooperazione straordinaria per conseguire l'obiettivo comune di una qualità della vita sostenibile per tutti gli abitanti del pianeta. Quando quel giorno arriverà, sarà consolante sapere che alcuni tipi di imposte sulle transazioni finanziarie possono aiutare a fornire i mezzi per finanziare molte delle iniziative e istituzioni, che saranno necessarie in quel mondo più perfetto".
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Nota: interventi non rivisti dai relatori.