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1.1 Povertà

Secondo la definizione dell’ONU, enunciata dal primo obiettivo di sviluppo del millennio, è povero chi vive con un reddito giornaliero inferiore a un dollaro(1). La povertà viene definita in termini assoluti o relativi. Nella definizione ufficiale di povertà assoluta si tiene conto della disponibilità di denaro necessario a soddisfare i bisogni primari, cibo, vestiti, abitazioni e non della qualità della vita o delle ineguaglianze sociali. La povertà relativa definisce i poveri di una società, o di un determinato paese, in relazione allo stato economico degli altri membri della medesima società. Questa divisione però prende in considerazione solo il parametro del reddito e dei consumi e non considera da una parte il fatto che il reddito non è l'unico elemento a determinare la possibilità di accedere ai beni ed ai servizi necessari per vivere(2), dall'altra che l’esclusione sociale possa essere intesa come causa e/o effetto della povertà. L’esclusione sociale, invece, sta emergendo sempre più come un importante indicatore, insieme a quello del reddito e dei bisogni primari da soddisfare.

Sintetizzando, possiamo dire che in generale sono tre le prospettive attraverso le quali viene letta e analizzata la povertà, definita anche deprivazione.

                      • La prospettiva del reddito indica che una persona è povera se il suo reddito è al di sotto della soglia o linea di povertà del paese in cui abita, solitamente calcolata sulla disponibilità di denaro per acquistare beni di prima necessità come il cibo.
                      • La prospettiva dei bisogni fondamentali, invece, va oltre il reddito per includere nel calcolo anche il bisogno di una comunità di avere strutture e servizi sociali di base in grado di prevenire le povertà.
                      • Infine, la prospettiva delle opportunità tiene conto del fatto che la povertà non è solo economica, ma riguarda la possibilità o impossibilità per le persone di esercitare determinati diritti, come quello di poter accedere a cibo nutriente, ad un’istruzione adeguata, ad avere un’abitazione sicura e pulita, ecc. Al centro di questa prospettiva non c’è più solo l’aumento del reddito, ma il miglioramento della qualità della vita che include la libertà di esprimersi, di scegliere, ecc.

Quindi, la povertà non è solo il metro della distanza del povero nei confronti del ricco, non misura solo la frattura tra prodotti interni lordi (PIL), non è solo un parallelo che separa geograficamente i Nord dai Sud. La povertà riguarda anche il lavoro, in prevalenza quello non dignitoso e scarsamente retribuito, che riduce e a volte annienta i consumi e non consente l’esercizio dei diritti. La povertà rivela le debolezze della nostra umanità, separa le persone, ostacola le relazioni e genera indifferenza, disprezzo, sopruso.

Povertà significa mancanza di benessere: mancanza di mezzi materiali, in particolare quelli fondamentali, come il cibo sufficiente per vivere, la casa, le cure sanitarie, l’istruzione, ecc.; significa anche vivere in abitazioni degradate, in quartieri insalubri, in zone in cui la domanda di lavoro scarseggia o il lavoro è poco riconosciuto, scarsamente remunerato e senza tutela. Questi ed altri fattori contribuiscono a rendere le persone più fragili, talvolta incapaci di compiere delle scelte significative per il loro futuro; si tratta di persone alle quali molti dei diritti fondamentali sono negati.

La povertà è al Sud, ma non coincide con il Sud del mondo: è ovunque, nel Nord e nel Sud e andrebbe misurata tenendo in considerazione il contesto di ogni Paese evitando fuorvianti comparazioni.

Se pensiamo agli Stati Uniti, al Canada, ai diversi paesi dell’Unione Europea potremmo dire che essi non conoscano più le carestie, che non vivano più la fame, ma in essi è ancora molto alto il numero delle persone che hanno gravi problemi economici.

Secondo i dati 2012 dell’Eurostat (l’istituto statistico europeo), in Italia, ad esempio, oltre diciotto milioni di persone sono a rischio povertà e di esclusione sociale. Ciò significa che un italiano su tre vive in una famiglia con un reddito inferiore al 60% del reddito medio del Paese ed ha “forti mancanze materiali”, cioè è senza risparmi per pagare spese impreviste, non è in grado di mangiare con regolarità carne e proteine affini, non può riscaldare la casa, non ha un’automobile e vive in una famiglia con una bassa intensità di lavoro (vedi i paragrafi 4.1 sulla fame in Italia e 4.2 sulle mense della carità) .

La geografia del mondo ci mostra come la povertà sia un fenomeno globale. Mettersi alla ricerca delle relazioni tra il Nord, con una storia di conquista fatta di rivoluzioni industriali e tecnologiche, e il Sud, con una storia di invasioni, saccheggi e oppressione, potrebbe essere una delle piste da seguire per comprendere maggiormente le cause dell’ineguale distribuzione delle ricchezze.



(1)Nel 2000, anno della Dichiarazione del millennio dell’ONU, la soglia di povertà estrema, era fissata a 1 dollaro al giorno secondo i prezzi vigenti nel momento in cui sono stati lanciati gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Nel 2008, la Banca Mondiale ha aggiornato questa soglia a 1,25 dollari al giorno. Di conseguenza, sono stati aggiornati anche gli indicatori per misurare lo stato di avanzamento dell’Obiettivo 1 che fanno attualmente riferimento al valore di 1,25 dollari al giorno.


(2)La possibilità di vivere dignitosamente non ha sempre e solo a che fare con la possibilità di acquistare dei beni o dei servizi in cambio di denaro. Ogni forma di baratto, per esempio, non prevede l'uso di moneta. Il Movimento della decrescita felice ed altre esperienze che si sono diffuse in questi anni anche in Italia, come ad esempio quella dei GAS. teorizzano e praticano l''autoproduzione dei beni e dei servizi riducendo di fatto la necessità di denaro ma non il godimento dei beni e dei servizi stessi.